Page 28 - L'Acqua Muta, l'Acqua Nuova, l'Acqua Rubata
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AMILITO NERÓ – UJËT E VJEDHUR – S’ABBA MUDA
“Corsa la mezzanotte precedente la Pasqua le donne albanesi s’alzano, spegnono i
fuochi per riaccenderli coi carboni del fuoco sacro che s’alluma all’aurora; e vuotata
l’acqua dall’urne vanno in grossa compagnia alla fontana ad attignerne della
nuova. E poiché n’han pieni i vasi, prendendosi per mano, si dispongono in lunga
ridda, e cantando e danzando percorrono il paese”.
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Lo stesso autore ci porta un’altra testimonianza sempre in riferimento alla veglia
pasquale, un po’ difforme rispetto a quella milosaica,: essa è riportata in un’opera
poetica in italiano, l’Odisse, che creata dal De Rada nella fase pre-milosaica e
precisamente nel 1832 , ma poi rimasta manoscritta venne regalata in segno di
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amicizia a Francesco Saverio de’ Marchesi Prato, che lo pubblicò a suo nome nel
1847 e che era figlio di un amico del fratello Camillo, allora parroco della chiesa
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greca di Lecce.
«Come suonano le campane della mezzanotte avanti il mattino di Pasqua, le donzelle
albanesi si levano di letto, vuotano le idrie e unite tutte in grande compagni[a]
vanno alla fontana ad attignere l’acqua nuova. Di là ria vengono cantando a coro le
canzoni delle vittorie di Skanderbegh. Verso il mattino si ritirano, e alzandosi i
giovani accendono il fuoco sacro avanti alla chiesa, onde ogni famiglia prende un
tizzo con cui rialluma il focolare spento la sera innanzi. Altri vanno cantando di
porta in porta l’inno Christos anesti (Cristo è risorto)” .
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Francesco Saverio Prato si trovava nel 1848 tra le truppe volontarie in Lombardia
nelle guerre di indipendenza quando il Poeta gli inviò una lettera che poi pubblicò
su L’Albanese d’Italia e che riteniamo sia di notevole interesse per conoscere il tipo di
formazione culturale che lui ricevette a S.Adriano e sulle opere romantiche che lì
liberamente vi circolavano, come le opere di Pouquevolle sulla liberazione della
Grecia, che rappresentarono la base della formazione della ideologia albanista
nell’avvio della Rilindja.
Si notino nella versione edita da Prato, rispetto a quella riportata nei Canti di Milosao,
alcune interpolazioni di motivi “scanderbeghiani”, che sono da ritenere sicuramente
posticci e da non considerare certamente autentici se confrontiamo quanto il De Rada
scriveva a proposito dell’acqua nuova nel decennio precedente. Il Poeta di Macchia,
man mano che andava maturando la sua ideologia letteraria e politica romantica
legata alla Rilindja, di cui è stato il maggiore ispiratore, caricava evidentemente di
elementi patriottici le sue opere, non solo quelle creative ma anche quelle legate alla
poesia popolare che erano al centro delle sue raccolte folkloriche che servirono per
dimostrare ai circoli intellettuali italiani ed europei che esisteva una soggettività
nazionale albanese, con i suoi canti e i suoi riti.
30 Riportata in nota alla versione italiana all’esordio del canto X della 1ª edizione (1836), del XIII della 2ª versione (1847) e
della 3ª versione (1873) del Milosao.
31 Girolamo De Rada, Opera Omnia, II, Canti di Milosao. Edizione critica e traduzione italiana a cura di Francesco Altimari,
Rubbettino editore, Soveria Mannelli, 2017, p.42.
32 L’Odisse di Francesco Saverio de’ Marchesi Prato, Napoli, Tipografia del giornale – Il Salvator Rosa, 1847.
33 L’Odisse, op.cit., p.69.