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Girolamo De Rada


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BIOGRAFIA

Girolamo De Rada nacque nella comunità arbëreshe di Macchia Albanese, frazione del Comune di S. Demetrio Corone, il 29 novembre 1814. Figlio di Michele, sacerdote di rito greco-bizantino e insegnante di latino e greco al Collegio di Sant'Adriano, all'età di otto anni venne iscritto al Collegio di Sant'Adriano, in San Demetrio Corone.
Spinto dal grande amore per la lettura, il giovane De Rada, ben presto incominciò ad esplorare territori letterari sconosciuti e affascinanti, leggendo, «quasi di contrabbando» le grandi opere della letteratura europea. Nel 1832 compose in terza rima l'Odisse, un poemetto in quattro canti, scritto in lingua italiana, che «risulta un originale tentativo di fusione tra l’epica classica (Odissea-Eneide) e l’epos del popolo albanese, il cui eroe Odisse è l’Enea che raggiunge una nuova terra e riesce a garantire un futuro al suo popolo».
Nel 1833 terminò i suoi studi, diplomandosi a pieni voti. lasciato il Collegio di Sant'Adriano, Girolamo, su consiglio del padre, decise di rimandare di un anno la sua iscrizione all'Università di Napoli. Nel settembre di quell'anno, Raffaele Valentini lo incaricò di raccogliere i canti tradizionali delle comunità italo-albanesi. Lo spirito vitale della natura, il duro lavoro dei campi, la naturale bellezza delle giovani contadine, lo immersero in un mondo che via via gli si andava rivelando, provocando in lui un'esplosione improvvisa di emozioni.
Questa entusiasmante esperienza fece nascere in lui un grande amore per la sua terra, e soprattutto gli diede la consapevolezza di appartenere alla nobile stirpe albanese. Così Girolamo, «risciacquando la sua cultura libresca, nel misterioso humus etnico della sua gente», ne utilizzò la lingua, così rude e primitiva ed al contempo delicata e flessibile, diventando il cantore dell’animo della sua gente. E proprio dalla raccolta della poesia orale, tramandata di generazione in generazione, che De Rada trasse materiale per «le sue prime prove artistiche, modellate proprio sullerapsodietradizionali».
Nel novembre del 1834 il De Rada si recò a Napoli per iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza. Qui venne a contatto con un ambiente culturale e uno stile di vita molto diversi dalle abitudini e dalla mentalità del suo paese, che lentamente assimilò dopo un primo impatto sostanzialmente negativo. Frequentò, per un certo periodo, la scuola di lingua italiana di Basilio Puoti, che ebbe allievi illustri come Luigi Settembrini e Francesco De sanctis.
Nel 1836 conobbe e frequentò Vincenzo Torelli, albanese di Barile e direttore dell’Omnibus, “giornale politico, letterario ed artistico”, che gli consentì di pubblicare alcune sue liriche albanesi. Nello stesso anno, iniziò a frequentare la scuola di declamazione di Emanuele Bidera, albanese di Sicilia. Rimasto favorevolmente impressionato dalle sue prime composizioni poetiche, Bidera spinse Girolamo a pubblicare il Milosao, capolavoro del De Rada e prima opera della letteratura colta italo-albanese. Nello stesso anno, Girolamo conseguì la licenza di Belle Lettere presso l’Università di Napoli. Ma l'imperversare, del colera, lo costrinse a tornare a Macchia, dove rimase fino al 1838. Nei due anni di permanenza, compose in arbëresh la Notte di Natale, Frosina e Vantisana. Ma il vento d'insurrezione che spirava in quegli anni, raggiunse anche il giovane De Rada, che prese contatto con il movimento d'insurrezione risorgimentale calabrese. Il 23 luglio 1837 i rivoluzionari calabresi prepararono a Cosenza una rivolta contro i Borboni. Capeggiata da Domenico Mauro, essa venne, però, subito repressa e alcuni degli insorti furono condannati a morte. Alla sommossa parteciparono molti italo-albanesi tra cui professori e studenti del Collegio di Sant'Adriano, come il de Rada, che sfuggito alla cattura, fu costretto a vivere per lungo tempo in semi-clandestinità. Evitata miracolosamente la condanna, anche per la comprensione che ebbe da un giudice estimatore del suo Milosao, Girolamo ritorna a Napoli ed entra nello studio dell’avvocato penalista Raffaele Conforti.
Nell’inverno del 1839 De Rada consegnò l'opera Canti storici albanesi di Serafina Thopia, moglie del principe Nicola Ducagino, alla Tipografia Boeziana di Napoli perché venisse pubblicata. chiesta nel 1840 l’autorizzazione alla stampa, essa venne negata dal Canonico Revisore, e l'edizione non venne mai diffusa, se non in poche e rarissime copie sfuggite alla censura ecclesiastica.
Nel 1840, due anni dopo il suo ritorno a Napoli, il giovane De Rada, venne rinchiuso nelle carceri di Santa Maria Apparente, perché sospettato di attività sovversiva, in quanto amico di Benedetto Musolino, che veniva ritenuto il rappresentante di Mazzini nel Napoletano. Un mese più tardi, venne rilasciato per mancanza di prove. Amareggiato per quanto era accaduto e in disaccordo con le idee del Mazzini, Girolamo, non volle più partecipare ai moti insurrezionali che seguirono.
Nel novembre del 1840, accettò l'incarico di istitutore del figlio undicenne del Duca Nicola de’ Marchesi Spiriti, presso cui rimase sette anni. S'innamorò della figlia del duca, Gabriella. Nel 1843 pubblicò i canti di Serafina Thopia, principessa di Zadrina nel secolo XV, una nuova edizione riveduta dei Canti storici albanesi di Serafina Thopia, moglie del principe Nicola Ducagino del 1839. I canti, che scrisse durante la sua permanenza presso la famiglia Spiriti, riflettono i suoi sogni d’amore per la Contessa Spiriti. Dopo sette anni di assenza, ritornò un mese a Macchia, dove continuò la raccolta di canti popolari albanesi.
Nel 1846 pubblicò i Numidi, una tragedia di soggetto classico in lingua italiana. L'anno successivo pubblicò L’Albania dal 1460 al 1485 e la seconda edizione del Milosao.
Nel 1848, pubblicò il giornale L'Albanese d'Italia, il primo giornale albanese, e partecipò attivamente al movimento liberale. Ma quando le insurrezioni del '48 si spensero nel sangue e la rivoluzione calabrese venne compromessa, De Rada ormai stanco della frenetica vita di Napoli, decise di abbandonare la città per ritirarsi definitivamente nella sua città natale. Si sposò con Maddalena Meliqi, arbëreshe di Cavallerizzo di Cerzeto, da cui ebbe quattro figli: Giuseppe, Michelangelo, Rodrigo ed Ettore.
Stabilitosi nella sua terra, Girolamo si dedicò alla causa albanese, propugnandone la rinascita politica e letteraria. Su suo interessamento venne istituita nel Collegio di Sant’Adriano la prima cattedra di lingua albanese (1849), ma l’incarico gli venne poi revocato (1852) su pressione delle autorità borboniche a causa dei suoi trascorsi liberali. In questo periodo studiò la lingua albanese, fece indagini sulla storia della sua nazione e scrisse molto, sia per comporre le sue opere sia per difendere l'ideale di libertà dell'Albania.
Nel 1866, grazie al sostegno offertogli da Nicolò Tommaseo, pubblicò a Firenze le Rapsodie d'un poema albanese. Tra il 1872 e il 1884 compone lo Skanderbeku i pafan. Dal 1883 al 1886 partecipa attivamente al movimento risorgimentale albanese con la rivista Fjamuri Arbërit, da lui fondata e diretta.
Nel 1891 pubblicò il dramma storico Sofonisba. Nel 1895 e nel 1897 promosse due Congressi Linguistici Albanesi, rispettivamente a Corigliano Calabro e a Lungro. Nel 1898 pubblicò, a Napoli, il poema uno Specchio di umano transito, la terza edizione dei Canti di Serafina Thopia.
Nel 1899 venne ripristinato l'insegnamento della lingua albanese nel Collegio di Sant'Adriano e nonostante la tarda età, il De Rada tre volte la settimana, si recava a piedi a San Demetrio per insegnare. Come annota il Koliqi, «Morì sulla breccia, nella più squallida miseria, dopo aver prodigato tutto se stesso e le sue sostanze per la causa della rinascita dell'Albania», a San Demetrio Corone il 28 febbraio del 1903.