Page 20 - L'Acqua Muta, l'Acqua Nuova, l'Acqua Rubata
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Francesco Altimari
bene nella toponomastica urbana in una zona vicina all’attuale Piazza Monumento .
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Il suggestivo richiamo al rito che evoca la sua denominazione, che ricalca alla lettera
il modo come il rito viene identificato – Acqua nuova – anche nel contesto cultuale
calabrese, rimane un indizio interessante per sviluppare questa ipotesi, che tuttavia,
allo stato attuale, non riteniamo molto plausibile.
4.2 Spezzano Albanese
Anche a Spezzano Albanese c’è memoria del rito la vigilia del Sabato Santo– “vemi e
kallomi ujit”, (‘andiamo a rubare l’acqua’), che non aveva una fonte particolare di
riferimento, ma collegato ad alcuni – come Kroi i kullumbrit, Kroi i Pratit, Pusi –
collocati in crocicchi appena fuori paese - ed era associata sostanzialmente ad un
momento conviviale familiare che anticipava la festività pasquale. Ringrazio
Francesco Marchianò e Nando Pace che mi hanno fornito queste utili informazioni
sulla comunità spezzanese, per la quale disponiamo anche della interessante
testimonianza riportata da Alessandro Serra, in un paragrafo specifico intitolato Il
banchetto del Sabato Santo (Kallomi ujit) della sua monografia Spezzano Albanese nelle
vicende storiche sue e dell’Italia (1470-1945) :
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”Gruppi di giovani preparavano precedentemente laute pietanze che consumavano in un
banchetto, di sera, in lieta compagnia. I banchetti si tenevano in luoghi appartati, magazzini,
trappeti, botteghe di artigiani, ecc. dove i giovani davano sfogo agli entusiasmi giovanili ed a
canti albanesi, mentre il vino, il salame, il soffritto (interiora di agnello cotti in padella con
patate e pepi piccanti) riscaldavano i loro cuori. Dopo il banchetto, a tarda notte, i giovani
uscivano per le vie a cantare alle innamorate. Anche le famiglie, nelle proprie case, o più
famiglie raccolte in una, solennizzavano quella serata. Le giovinette invece, dopo il cenone,
accompagnate dalle donne maritate, in un tempo lontano si recavano nelle vicine fontane ad
attingere l’acqua nuova della Resurrezione, simbolo della grazia che rigenera, e ballando e
cantando, risalivano i colli e raggiungevano la piazza del paese, dove continuavano a ballare
e cantare. Divise in due gruppi, con ritmo amebeo, rievocavano cantando il mistero della
Redenzione ed annunziavano le feste che avevano carattere patriottico, perché ricordavano le
vittorie di Skanderbeg e la patria lontana. Nei banchetti delle famiglie si facevano anche dei
brindisi, famoso quello dell’arciprete don Paolo Nociti”.
4.3 Vaccarizzo Albanese
San Demetrio Corone e Spezzano Albanese non sono le sole comunità arbëreshe che
conservano, in forme diverse, tale rituale. Praticato un tempo anche a Cavallerizzo e
San Giacomo e a Cerzeto , oggi esso è ancora vivo nelle comunità di San Cosmo
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26 Devo alla cortese disponibilità dell’amico Demetrio Di Benedetto ulteriori utili informazioni sulla storia di
questa fontana “storica” sandemetrese (cf. Demetrio Di Benedetto (2021), pp.46-49, che ci portano a
individuare nel punto (a) della cartina ricostruita la prima collocazione della stessa.
Spezzano Albanese, pp.504-505.
Alessandro Serra (1987), Spezzano Albanese nelle vicende storiche sue e dell’Italia (1470-1945), Trimograf,
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28 Carmine Stamile ci descrive con dovizia di particolari delle forme rituali ad essa riconducibile e praticate
nelle comunità albanofone del Comune di Cerzeto: “Anche il sabato mattina, verso le otto, le campane suonavano a
gloria per annunziare a tutti che Cristo era risorto [ndr.si tratta della persistenza di una tradizione legata al rito