Page 17 - L'Acqua Muta, l'Acqua Nuova, l'Acqua Rubata
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L’Acqua Muta, l’Acqua Nuova, l’Acqua Rubata
Fig. 4 - San Demetrio Corone – Veglia Pasquale - anno 1994: compagnia di processionanti
“çë vanë e vjodhëtin ujit con donna che porta “një dhokaniqe” (‘forcella biforcuta’), un
pratico e artigianale dissuasore anti-molestie (Archivio fotografico di Adriano Mazziotti)
Concludendo queste mie riflessioni sul “Të vjedhurit e ujit”, vorrei sottolineare come
il silenzio al centro di questo rito ancestrale, di matrice pagana e poi pienamente
inglobato nella tradizione popolare di matrice bizantina della nostra comunità,
contrassegni una vera e propria condivisione del mistero: esso non segna qui
semplicemente l’assenza della voce, ma una compartecipazione spirituale di forte
valore comunitario. E così la parola nata grazie all’”Acqua rubata” dal silenzio, cioè il
Christòs Anesti, è quella che trasforma l’anonimo e silente individuo partecipante a
questa processione - all’andata religiosamente laica di dimensione per lo più
come un matto e sparando razzi a destra e a manca. Quando poi il sole come un disco di fuoco fa capolino all’orizzonte e
tutto il creato sembra addobbato con immensi arazzi di porpora, a frange dorate, il sacerdote in stola bianca benedice in
lingua greca il fuoco; poscia, avvicinatosi alla porta del tempio, che resta sempre chiusa, vi picchia con una croce tre volte
esclamando: “Aprite! Sono il vostro Re!”. E quella si spalanca e il demone quatto quatto fra lo scherno della folla esce dal
luogo sacro come un vinto, dando fine alle sue diavolerie. Quel fuoco che arde per tutta la notte pare che voglia
simboleggiare il focolare domestico; ciò è probabile perché dopo la benedizione del sacerdote ogni fedele prende un po’ di
quella cenere benedetta e se la porta in casa, dove dopo aver spazzato quella vecchia dal proprio focolare, vi depone la
benedetta, pronunciando parole di auguri per tutta la famiglia. E sopra vi accende il fuoco preannunciando dalla fiamma
più o meno viva di questa il più o meno prospero avvenire della famiglia. E come se tutto ciò non bastasse, verso le ultime
ore di quella notte coppie di giovani per devozione e più probabilmente per idea di scrocco, si fermano davanti alle porte
chiuse dei loro amici o parenti e quindi intonano in lingua e motivo liturgico il Christos Anesti. La persona di dentro
che sente questo canto della Resurrezione si crede, si alza e porge delle uova fresche o del salame a quelli di fuori e senza
ringraziare e senza farsi riconoscere, vanno davanti ad altre porte e ripetono la medesima cosa. Dopo un considerevole
utile le coppie si ritirano in casa per consumare poi, le uova e il salame, con una buona quantità di vino, il lunedì di
Pasqua”.