Page 34 - L'Acqua Muta, l'Acqua Nuova, l'Acqua Rubata
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AMILITO NERÓ – UJËT E VJEDHUR – S’ABBA MUDA


            3. S’ABBA MUDA

            Testimonianza letteraria attraverso alcune riflessioni di Pinuccia Corrias :
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            «Io, di questa cosa – a s’abba muda – ne ho sentito solo nella tua poesia sui fuochi di
            san Giovanni…», mi ha detto al telefono, con estrema delicatezza, la mia più cara
            amica sarda, forse  per non offendermi con il manifestare una certa esitazione a
            lasciarsi coinvolgere in una proposta che – come si dice in sardo – non sta né in cielo
            né in terra.  Eppure la mia amica si prende cura del mondo, alimenta la vita delle
            cose, preserva l’essere dall’orgia delle apparenze… Dunque, questa sua incertezza si
            spiega solo con il fatto che non mi sono spiegata adeguatamente, mi sono detta e così
            ho provato a ricostruire in modo più ordinato il mio pensiero.
            Del resto, non molto tempo fa, un signore colto e gentile, a Torino, alla Fondazione
            Rebaudengo, alla fine della  presentazione del romanzo Accabadora,  vincitore del
            Campiello2011, si è rivolto anche lui con molta delicatezza e circospezione all’autrice
            Michela  Murgia, facendole  notare che dalle sue accurate ricerche  storiche aveva
            tratto la convinzione che in nessuna area del Mediterraneo risultava che fosse mai
            esistita quella figura – l’accabadora, appunto – attorno alla quale si muoveva tutto il
            racconto. «Non so cosa ne dice la storia – ha risposto più o meno la scrittrice – ma nel

            mio racconto l’accabadora esiste e questo è ciò che conta per me.» E ovviamente non
            solo per lei.
            Ho fatto questa premessa semplicemente per dire che mettere al mondo una figura –
            qualunque essa sia e da qualsiasi esperienza o intuizione o sensibilità nasca  –
            significa sempre e comunque mettere al mondo la realtà togliendola alla mutezza.
            «Non so cosa dire. E allora perché parlo?  – scrive la Lispector, una delle grandi
            mistiche  del  Novecento,  e  conclude  «Perché  altrimenti  marosi  di mutezza mi
            sommergeranno» .
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            E proprio questo è in gran parte la nostra vita: un barcamenarci tra rumore e mutezza
            nel vuoto di un non esser-ci. Abbiamo perso il silenzio e con esso la capacità di
            mettere al mondo il mondo, trasformando la realtà in figure. Perché la parola che dice
            l’esperienza, togliendola dalla mutezza dell’inaccaduto, nasce – e può nascere solo –
            dal  silenzio. Che non è l’assenza del rumore ma  è  piuttosto  una dimensione
            dell’anima generante. Ed è la parola nata dal silenzio quella che trasforma l’individuo
            anonimo in testimone e come tale lo connette con l’altro, con gli altri, con l’Altro da
            sé.
            Nell’utero del silenzio germogliano e si strutturano gli archetipi. E’ il silenzio che
            genera il mito, il rito, il sacramento. Parole e gesti. Segni efficaci della grazia, della



            36  Pinuccia Corrias, sarda, ha ricevuto il premio Macopsissa, per le sue poesie giovanili. All’università cattolica di Milano ha
            vissuto il ’68, che ha dato un’impronta politica al suo insegnamento. Ha fatto suo il femminismo “della differenza”; lo ha
            approfondito nella Libreria delle donne di Milano e nel Centro di Documentazione femminile di Torino, nel gruppo di
            Ricerca teologica con donne valdesi e della comunità di base e nel gruppo intergenerazionale di Pensieri in piazza, a
            Pinerolo. Nel 2014 ha vinto il premio per le donne italiane del Concorso “Lingua Madre”, col racconto Shalom Inshallah
            Amén. Ha contribuito a Il simbolico in gioco. Letture situate di scrittrici del Novecento, (Verona 2011) e a L’alterità che ci
            abita (Torino 2015). Vive a Sciacca, di fronte al mar d’Africa, luogo amato dai suoi quattro figli e dai nipoti.
            37  C. Lispector, La passione secondo G.H.
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