Page 13 - L'Acqua Muta, l'Acqua Nuova, l'Acqua Rubata
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L’Acqua Muta, l’Acqua Nuova, l’Acqua Rubata



            μεγάλο Σάββατο”) e arbëresh (“E shtun-ja e madhe”), noto anche liturgicamente come
            “il sabato del silenzio”, esprime con un forte simbolismo l’attesa della Vita nuova.
            Disponiamo di una interessante  descrizione, risalente  agli anni ’10-’20 del  secolo
            scorso e recuperata dall’amico Adriano Mazziotti tra le carte di suo nonno, Alighieri
            Mazziotti (1884-1955), su questa tradizione, che ci testimonia come essa veniva allora
            praticata nella comunità sandemetrese:
            “Sin dalla sera di Sabato, poi, in non poche famiglie si stabilisce  di andare l’indomani a
            “rubare l’acqua”, come si dice. Il “rubare l’acqua” consiste in questo: innanzitutto è
            necessario che questa operazione si esegua prima del giorno e colle seguenti condizioni: che
            non si parli assolutamente dal momento in cui l’individuo si sveglia sino a quando egli non
            si sia recato alla fontana stabilita e quindi non abbia bevuto dell’acqua pura e che non si sia
            lavato il viso e le mani. La seconda condizione è che chi va a “rubare l’acqua” porti con sé del
            salame e delle uova fresche o dei biscotti e lasci il tutto vicino alla fontana perché quelli che
            vanno dopo di lui se ne impossessino e lascino nel contempo il proprio per i nuovi venienti.
            Dopo questa specie di  purificazione  che si  si compie col bere  l’acqua  e  col  lavarsi  si può
            liberamente parlare e da allora la brigatella divisa in coppie si avvia al ritorno cantando le più
            recenti canzoni di amore e facendo le beffe a quelli che incontrano per strada e che silenziosi
            vanno alla fontana ad eseguire la divozione. Ed è bello sentire di notte l’eco di quelle voci
            robuste di donzelle che si ripercuote solenne dalle campagne sino al paesello perché le fontane
            distano normalmente un quarto d’ora dall’abitato” .
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            Tale ritualità “laica” si inquadra coerentemente con il messaggio religioso pasquale,
            anche alla luce di alcuni interessanti approfondimenti provenienti dalla parallela
            evoluzione della liturgia del Grande Sabato esaminata da Stefano Parenti, l’insigne
            liturgista delle tradizioni orientali. Occupandosi dell’origine e dell’impiego dell’inno
            Σιγησάτω  πᾶσα  σὰρξ  βροτεία”   (‘Faccia silenzio  ogni essere mortale»’), in cui
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            significativamente gli esseri umani vengono invitati a fare silenzio per far posto agli
            angeli, i soli che possono intonare inni al “Re dei re”, Parenti rileva come il tema del
            silenzio nel Grande Sabato con questo inno  Σιγησάτω  πᾶσα  σὰρξ  βροτεία  prendeva
            piede nella liturgia già nel corso del X secolo, finendo gradualmente per sostituire

            l’altro inno, il tradizionale Cheroubikòn (Oi ta Cheroubim ...). Secondo questo studioso
            il cambiamento definitivo sarebbe avvenuto tra la prima e la seconda metà del XIV
            secolo e gli Albanesi lo avrebbero recepito abbastanza presto, come testimonia il


            18  Le festività di Pasqua nei paesi Italo-Albanesi e di rito greco è il titolo del manoscritto di Alighieri Mazziotti, con
            qualche annotazione e spiegazione di Innocenzo Mazziotti, suo figlio, che si concentra sui riti in uso, e secondo
            le modalità allora vigenti, essenzialmente – ma non esclusivamente! - sulla comunità di San Demetrio Corone.
            Ringraziamo Adriano Mazziotti, che sta curando la trascrizione dello stesso manoscritto in vista di una sua
            prossima  pubblicazione, per averci  consentito  di anticipare questa importante  testimonianza del nonno
            Alighieri. Una analitica descrizione di queste fontane esterne all’abitato si trova nell’ultimo lavoro di Demetrio
            Di Benedetto  (2021),  Lumarini e l’antica vallecola che un tempo attraversava l’odierna Piazza Monumento a San
            Demetrio Corone, Modugno 2021 (pp.28-29): si tratta di Kroi Rodhës, Kroi Ndreut, Kroi Ordiketës, Kroi Shezës, Kroi
            Filës. Vista  però  la loro  difficile  posizione orografica sentiamo di escluderle dall’  ipotetico  percorso
            processionale a cui accenna Alighieri Mazziotti, ad eccezione forse, come suggerito dallo stesso Di Benedetto,
            di Kroi Ordiketës , di Kroi Shifit  e di Kroi Lugadhit, la cui distanza dal centro abitato è compatibile con i tempi
            qui descritti, al pari di quello già individuato e ora al centro del rito di Kroi Sën Drianit o Fontana dei monaci.
            19   Stefano Parenti (2003),  “Nota  sull’impiego  e  l’origine  dell’inno  Σιγησάτω  πᾶσα  σὰρξ  βροτεία”  in
            Κυπριολογία. Αφιέρωμα είς Θεόδωρον Παπαδόπουλλον = Κυπριακαὶ Σπουδαί 64-65 (2000-2001), pp. 191-199.
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